Il vero sballo è dire sì all’amore con le sedicenni (ma che siano innamorate e consenzienti)

Nello splendido quadro da set di Mario Salieri del Castello Visconteo di Pavia è andata in scena la prima edizione del Jump Up Party, richiamando a prezzi da sagra di paese nomi forti della scena elettronica mondiale, come Crookers e Steve Aoki, uniti a Marracash ed al progetto D’Amico + Sarno a titolo Macrobiotics: la cricca ha risposto con un PRESENTE grande così che non si vedeva dai tempi della prima escursione al Laghi Gemelli organizzata dal Don Pierangelo – evento fondamentale per l’iniziazione all’alcol, alla promiscuità ed alle droghe più o meno sintetiche di tutta la comunità cattolica del nostro paese – alzando in un solo colpo l’età media del pubblico di dodici anni abbondanti.

Questa allegra compagnia di vecchi scapestrati ed attaccabrighe, a cui per dare un tono rispettabile si è aggiunta per l’occasione pure una fanciulla di nome “tipa-di-Mauro” – no, scherziamo, Valentina, sei una drittona come poche altre, se tutte le donne avessero i tuoi gusti, noi, forse, saremmo un poco meno sessisti -, dà subito sfoggio di grande sicumera, quando, immettendosi nel parco antistante al castello, si imbattono in Jacopo d’Amico e Phra (che sarebbe quello bello dei Crookers, ignoranti), probabilmente in attesa delle groupies minorenni che avrebbero sollazzato il loro after party, ed invece di farci una fotografia assieme, iniziano a salteggiare, fare gli urletti e tirarsi i capelli, per poi farsela addosso ed andarsene a gambe levate che manco Lucia Mondello davanti a Don Rodrigo fermo al crocicchio con l’arnese di fuori.
Davanti ai cancelli si hanno subito due gravi sorprese: la prima è che Marracash è ancora sul palco, la seconda che è vietato portare liquidi all’interno, cosa perniciosa se si considera la conclamata anzianità delle nostre carte d’identità, il nostro inguaribile spirito pezzente e la bontà delle nostre coca-cole fatte in casa. Ma se è vero che con gli anni vengono i malanni, vengono i reumatismi, i cali di desiderio ed i primi segni di calvizie, è anche vero che viene pure la saggezza, ed è così che con un colpo di genio estemporaneo, le magiche bottiglie finiscono nelle mutande di Catti, nel reggiseno del Prisma, ed in altre zone amene simili, permettendo alla cricca assetata di campare nella marmaglia almeno per dieci minuti abbondanti.

Ah, le feste delle scuole. Ah, il Giovaninfesta. Ah, il Palio dei Quartieri: è una vivace adolescenza quella che ci accoglie una volta superato l’ingresso – orde di minorenni in fragorosa ansia da menarca con pantaloncini di jeans ad altezza fringuella abozzano fra di loro l’ormai celeberrima mossa cardinettesca dell’adorazione del totem, seguendo a passo incerto i ritmi bislacchi sparati in console da Nic Sarno, tiepide fanciulle in fiore sfogano la loro frustrazione per la bocciatura al primo anno del classico fumando nervosamente Diana Blu e gettando occhiate languorose su ribaldi tamarri senza casco e dalle pettinature improbabili, ed in tutto questo il nostro sempre onesto Prisma afferma con il suo consueto candore di averlo discretamente barzotto, mentre Cardinet Cardinet, da finissimo osservatore ed antropologo di fama universale, sostiene sicuro di essere l’unico presente con della barba sulle guance.

In questo dolcissimo panorama nabokoviano la Cricca riesce comunque a donare ai posteri un pensiero sublime: una qualsiasi di quelle disperate ragazzine ha già visto più cazzi in vita sua di quante ostriche noi tutti, pure a fare la somma fra noi ed a buttarci nel novero pure altri due o tre fattori neutri del calcetto – ma, attenzione, con questo non vogliamo fare i soliti moralisti morti dentro, che dall’altro dei loro venticinque anni passati ad annoiarsi ai banconi di bar, dove nessuno rivolge loro parola, rinfacciano colmi di livore ai giovani d’oggi, o tempora o mores, la decadenza dei costumi e della morale, ricordando con frasi fatue che loro, ai loro tempi, per una limonata striminzita, dovevano sudare le proverbiali quaranta canotte della salute – no, perdio! Ragazzine, noi amiamo ed invidiamo il vostro vitalismo superomistico, ed in questo mondo di pedanti rompicoglioni frigide e dai mille complessi, la vostra freschezza ed il vostro sorriso dolce sono la forza che ci permette di andare avanti ad immaginare un futuro migliore, magari in una nazione più democratica dove potervi prendere tutte in moglie.

Proprio nel bel mezzo di queste complicatissime elucubrazioni filosofiche, ecco che la prima barely legal tenta un approccio con quello che potrebbe essere suo padre, il sempre stoico Prisma, volto da ragioniere tossico e mani che fan cantare cavi elettrici, e non è un particolare sorprendente scoprire che si tratta della più brutta ragazzina del posto, una ginger senz’anima e lentigginosa che pare uscita dalla penna del disegnatore del cartone animato di Heidi. La pulzella implora ripetutamente una sigaretta, il miglior elettricista della pianura padana la rassicura dicendole di stare tranquilla, che questa sigaretta non gliela fa pagare comunque, la ginger pensa male, chiama il padre, un camionista cecoslovacco in cassa integrazione da due mesi, che ribalta il nostro fulcro del calcetto del martedì come un calzino.

No, qua ci sono licenze poetiche ed un velo di mistero, ma fino alla sigaretta è tutto verissimo.

Ah, ma c’è pure la musica, la Musica, sì. Entriamo con Nic Sarno ai piatti, coadiuvato da Dargen D’Amico, si diceva. Nello spazio di mezz’ora il buon Nic, capello lungo da metallaro sodomita, coadiuvato da suoni super, spara giù bombe mezzo brostep mezzo electro house, fende l’aria calda di vibrazioni roboanti che mandano in sollucchero gli ancora acerbi punti G di buona parte del pubblico femminile, in preda a rantolare sulla schiena come se in cielo fosse apparsa la Madonna di Fatima.
Bravo Nic, bravo Dargen, ci siete piaciuti molto e vi stringeremmo volentieri la mano, se solo ne avessimo il coraggio.

Alle nove attaccano i Crookers, la media del pubblico ora non va più in bicicletta ma è grande abbastanza per permettersi un booster, ma branchi di preteen pascenti continuano ad aggirarsi fra la folla, causando sempre grosse fonti di turbamento a fondamentalisti islamici come Cardinet Cardinet e la sua crew di bruttissimi ceffi.

Crookers quindi: dj set eclettico che – a differenza di Aoki – lascia perdere quasi interamente quella fidget house più gitana che loro stessi hanno portato al grande pubblico (ad ennesima dimostrazione, dopo l’ottimo album electro/hiphop/brostep dello scorso anno, che loro stessi si siano resi conto di come un certo tipo di soluzioni fidget sia ormai ampiamente superato), spaziando con la maestria da primi della classe dalle classiche influenze negrette all’ultima ondata electro-brostep, passando pure per uno skit dedicato ai Ricchi e Poveri che sa tanto di 2ManyDj’s (non siamo noi, noi siamo più belli) e che pertanto ci piace davvero moltissimo. Certo, ci sono stati punti morti, forse inevitabili in un’ora e mezza di set, ma ampiamente ripagati da una riproposizione quasi completa di tutti i loro pezzoni storici, da My Penny a We Are All Prostitutes, da Day ‘n Nite a Festa, quest’ultima con il cammeo di un Dargen D’Amico sornione, forse un poco bolso, ma di enorme carisma.

Steve Aoki sale nel clamore generale intorno alle 22:30, mentre la cricca inizia seriamente a patire il peso delle loro infinite primavere e della prolungata assenza di liquidi. Il muso mezzo giallo Aoki, detto così pour parler, è un altra delle figure cardini dell’ondata fidget degli ultimi anni: ci sta anche lui e la sua casa di produzione dietro al boom dei The Bloody Beetroots.

Inizio bomba, con il trittico Turbolence, il suo remix di N.A.S.A. “Gifted” e quello dei Bloody di “New Noise” delle leggende post-hc svedesi Refused, un trio sparato così improvvisamente che ci sega definitivamente le gambe e ci impedirà di fare più il benché minimo movimento o di fumare la benché minima sigaretta. E comunque rimane da dire che “Gifted”, con quel calderone bollente di Kanye West, Santogold e Lykke Li messi tutti insieme a fondere in un mare di beat spastici da autoscontri De Bianchi, rimane sempre un pezzo da accendino verso il cielo, ed un remixone che da solo vale quasi il prezzo di biglietto.

Per il resto, forse troppo stanchi, forse troppo vecchi, il set si trascina in maniera un poco monocorde, crescendi, whoo whoo, beattoni, urla varie dell’occhio a mandorla, Italyyyyyyyy, altri whoo whoo, un terrificante pezzo con sample di lupi che ululano e promesse barra minacce di nuovi pezzi: Aoki catalizza il pubblico con le sue movenze da rocker in trip ma non ci fa più saltare molto. Forse se pure noi la settimana prima avessimo ricevuto la pagella e avessimo scoperto di avercela fatta per il secondo anno, ce lo saremmo goduto di più.